Gabriele e Daniela - Lacrimedamore

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"Le storie di Lacrimedamore"

La storia del dono di Gabriele nel racconto della mamma Daniela

Il dono di Gabriele



Quando aspettavo Gabriele molti mi dicevano : “Vedrai, un figlio cambia la vita. E’ un dono, ma non avrai più tempo per te, per la vita di coppia, alle volte nemmeno mezz’ora per farti la doccia in pace. E poi il sonno? Puoi anche dimenticarti di dormire una notte intera.” “Sarà diverso per noi”, rispondevo. “Sì , tutti dicono così all’inizio, ma poi vedrai, gli impegni si moltiplicano.”  Non sapevano che Gabriele sarebbe nato con una cardiopatia congenita e probabilmente con la Sindrome di Down. Il mio unico pensiero era: “Signore, prenditi cura del mio bambino; prometto di non lamentarmi mai di pannolini, pappe, notti insonni.” Alla sua nascita non abbiamo avuto il tempo di preoccuparci della “normalità” che assale i neogenitori. Gabriele doveva nascere il 26 aprile con un parto cesareo programmato e invece è nato il 23 con un parto cesareo d’urgenza e gli occhi aperti sul mondo: “Mamma non puoi programmare tutto, la vita è altro, è meravigliosa nella suo essere imprevedibile.”, sembrava voler dire. Desideravo essergli accanto in ogni istante, ma doveva essere monitorato: ore interminabili ci separavano tra un biberon e l’altro. Poi ad ogni incontro, sempre troppo breve, e prezioso, il nemico principale erano le lancette dell’orologio. Dopo tre settimane arriva la risposta del test genetico: trisomia 21 libera. In un istante il presente ti sfugge da sotto i piedi e vieni proiettato nel futuro: timori, incertezze, ostacoli, stereotipi. Poi quel piccolino tra le braccia mi ricorda la cosa più importante: l’Amore vince tutto. Io ho bisogno di te mamma. E io rispondo, ho bisogno di te, Gabriele. E così quell’attimo dona nuova direzione alle nostre vite. Ciò che abbiamo vissuto nei primi cinque mesi di vita di Gabriele, mi sembrano anni, per l’intensità e la quantità di impegni e decisioni prese. Ma è stato un periodo pieno di amicizie sincere, affetti ritrovati, di fede vissuta nell’intimità della nostra casa. La scelta del congedo straordinario poi è stata una decisione necessaria e fortunata: in particolare il primo anno Gabriele ha avuto bisogno di cure e attenzioni costanti. Ci sono cose che possono aspettare, come il lavoro, anche se alle volte non ci sembra così.

Il giorno più lungo è stato quello dell’operazione al cuore: le ore si sono congelate in un’attesa irreale, in un turbinio di pensieri che vanno dalla paura più grande alla speranza più sincera. Per i bambini la percezione del tempo è così diversa dalla nostra: non vivono la sensazione costante di inizio e fine, non conoscono il significato di vita e morte. Siamo noi ad avvertire il peso del tempo. Non loro, perché vivono il presente. Non hanno un passato ad occupare i loro pensieri, o aspettative per il futuro su cui concentrare ogni istante del loro presente. E questa forse per un adulto è la sfida più grande: conciliare passato e futuro, vivendo intensamente il presente. Da quel momento ho preso un impegno con mio figlio: le attese per me interminabili delle visite in ospedale, le fisioterapie, dovevano trasformarsi in gioco e coccole per Gabriele, le lunghe corse in metropolitana in occasione per fare nuove amicizie e rallegrarsi delle canzoni dei musicisti ambulanti. Così il tempo ha acquistato una nuova dimensione, la condivisione delle piccole cose ha trasformato quelle ore in momenti indimenticabili. Ecco, Gabriele mi insegnava una cosa importante: “Mamma, puoi vivere nell’attesa, o scegliere di colmare anche quelli che sono momenti di attesa con qualcosa che valga la pena di condividere e ricordare.” E nella quotidianità degli impegni, ad un certo punto mi sono resa conto che bisognava fare una lista delle cose prioritarie, di quelle di cui possiamo occuparci da soli e delle persone su cui poter contare. Ci sono giorni in cui il tempo che scorre è tiranno. Non esiste una bacchetta magica per estendere le giornate a nostra disposizione, ma la verità è che abbiamo un cuore e un’anima  creati per amare e vivere intensamente. E Gabriele, che ancora non parla, con la sua vita dona alla sua mamma una testimonianza sincera: “Non puoi essere felice se diventi schiavo del tempo.” E noi siamo nati per essere felici. E indipendentemente da ciò che decidiamo di fare nella nostra vita privata o professionale, dagli ostacoli che incontriamo,  riappropriarci del nostro tempo è la sfida più grande. Quando aspettavo Gabriele avevo paura di vivere in una routine ordinaria; ora che è nato, non ho alcuna certezza sul futuro, ma il cuore pieno di speranza perché ogni traguardo raggiunto è stato faticosamente, ma con amore, conquistato; perché ciò che appare alle volte impossibile è realizzabile ed ogni giorno non è mai scontato, è semplicemente straordinario.

Guardo Gabriele, il suo sorriso luminoso, ascolto la sua dolce vocina quando mi chiama mamma; le difficoltà affrontate sembrano lontane, il futuro qualunque sia è affidato al Cielo: tutto questo trasforma un istante in eternità.

Vedi anche www.vita21.it


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