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PADRE PINO PUGLISI
2.1  Cenni biografici
Padre Pino Puglisi nasce il 15 Settembre del 1937 nella difficile borgata palermitana di Brancaccio[1]. Nel 1960 viene ordinato presbitero della Chiesa palermitana: il suo desiderio fu sempre quello di incarnare l'annunzio di Gesu' Cristo nel territorio, assumendone quindi tutti i problemi per farli propri della comunità cristiana.
Il primo ottobre 1970 viene nominato parroco di Godrano, un piccolo paese in provincia di Palermo segnato da una sanguinosa faida: vi rimane fino al 31 luglio 1978, riuscendo a riconciliare le famiglie con la forza del perdono. Nello stesso periodo è anche pro-rettore nel seminario minore di Palermo e Direttore del Centro Diocesano Vocazioni: agli studenti e ai giovani del Centro diocesano vocazioni ha dedicato con passione lunghi anni realizzando, attraverso una serie di "campi scuola", un percorso formativo esemplare dal punto di vista pedagogico e cristiano.
Nel 1990 diventa parroco proprio nel suo quartiere d’origine, Brancaccio; il 29 gennaio 1993 vi inaugura il centro "Padre Nostro" che diventa il punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere. La sua attenzione si rivolse al recupero degli adolescenti già reclutati dalla criminalità mafiosa, riaffermando nel quartiere una cultura della legalità illuminata dalla fede.
Il 15 Settembre 1993 viene assassinato dalla mafia: ucciso davanti al cortile della sua parrocchia con dei colpi di pistola infertigli da un uomo alle sue spalle. Questa sua attività pastorale - come è stato ricostruito anche dalle inchieste giudiziarie - ha costituito il movente del suo omicidio, i cui esecutori e mandanti sono stati arrestati e condannati. Nel ricordo del suo impegno, innumerevoli sono le scuole, i centri sociali, le strutture sportive, le strada e le piazze a lui intitolate a Palermo e in tutta la Sicilia.
A partire dal 1994 il 15 settembre, anniversario della sua morte, segna l'apertura dell'anno pastorale della diocesi di Palermo.
Il 15 settembre 1999 il Cardinale Salvatore De Giorgi ha insediato il Tribunale ecclesiastico diocesano per il riconoscimento del martirio, che ha iniziato ad ascoltare i testimoni. Un archivio di scritti editi ed inediti, registrazioni, testimonianze e articoli si è costituito presso il "Centro ascolto giovani don Giuseppe Puglisi" in via Matteo Bonello a Palermo.
La sua vita e la sua morte sono state testimonianze della sua fedeltà all'unico Signore e hanno svelato la malvagità e l'assoluta incompatibilità della mafia con il messaggio evangelico.
 
2.2  Il seme che non muore non porta frutto
L'assassino di padre Pino Puglisi, Salvatore Grigoli, è stato arrestato il 19 giugno del 1997 dopo un lungo periodo di latitanza e dopo essere sfuggito a una trappola ordita dagli stessi mafiosi per sopprimerlo[2].
Soprannominato nel clan "U Cacciaturi", si è autoaccusato di decine di delitti e attentati. Dopo aver confessato e chiamato in causa i complici, ha iniziato un cammino di conversione mettendosi in contatto con l'attuale parroco di Brancaccio, don Mario Golesano.
Il 7 settembre 1998 ha scritto una lettera al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per rivolgere "le sue scuse" a tutta la città per l'omicidio di padre Pino.
"Oggi sono consapevole di aver sbagliato in modo grave - ha scritto. Oggi che comincio ad assaporare il bene e a disgustare il male. La morte di don Pino ha contribuito al mio cambiamento. Purtroppo è una realtà che fa molto male...chissà se don Pino è stato mandato da Dio sulla Terra con dei compiti specifici...A me personalmente fa male ricordarlo per il motivo che tutti conosciamo, ma a tanti e tanti altri può far bene ricordarlo, perché lui è morto per il bene degli altri e il prezzo è stato altissimo".
Grazie alle deposizioni degli amici di "3P" (così veniva affettuosamente chiamato padre Pino Puglisi a Brancaccio) che hanno avuto il coraggio di rompere il muro dell'omertà, alle investigazioni e al contributo di Grigoli e di altri collaboratori della giustizia, per il delitto sono stati istruiti due processi. Il primo, contro lo stesso Grigoli e contro Giuseppe e Filippo Graviano, i boss di Brancaccio accusati di essere i mandanti, si è concluso in primo grado con la condanna all'ergastolo di Giuseppe Graviano e a dieci anni di Filippo (entrambi sono stati catturati nel gennaio '94 e da allora sono in carcere).
L'assassino ha usufruito degli sconti di pena ed è stato condannato a 16 anni.
Il PM ha proposto appello, e il processo di secondo grado ha visto la condanna all'ergastolo anche per Filippo Graviano, mentre le altre pene sono state confermate. Gli ergastoli sono stati resi definitivi dalla Cassazione.
Don Pino Puglisi aveva scelto non solo di "ricostruire" il sentimento religioso e spirituale dei suoi fedeli, ma anche di schierarsi, concretamente, senza veli di ambiguità e complici silenzi, dalla parte di deboli ed emarginati, di appoggiare senza riserve i progetti di riscatto provenienti da cittadini onesti, che coglievano alla radice l'ingiustizia della propria emarginazione e intendevano cambiare il volto del quartiere, desiderosi di renderlo più accettabile, accogliente e vivibile. E per questo erano malvisti, boicottati o addirittura bersaglio di atti violenti attuati per mortificare ogni voglia di riscatto, di progresso civile, ogni processo di "consapevolizzazione" dei propri diritti elementari.
 
1.4  Le immagini di Dio fornite “3P”
Padre Pino Puglisi è un martire dei nostri tempi, ha offerto la sua stessa vita come sacrificio a Dio, sino all’estremo dono di sé. Le immagini di Dio che subito balzano agli occhi sono – anche in questo caso senza nessuna pretesa di essere esaustivi, le seguenti:
- Dio liberatore, il Dio che libera il suo popolo dalla schiavitù;
- Dio pronto al sacrificio di sè stesso, il Dio che, ancora una volta, muore sotto la mano del nemico per il riscatto di tutti;
- Dio che converte i cuori, la morte del seme non manca di generare frutti   


[1] F. Anfossi, E li guardò negli occhi. Storia di Padre Pino Puglisi, il prete ucciso dalla mafia, S. Paolo, Milano 2005
[2] www.padrepinopuglisi.net, 12/04/2007

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